AGRICOLTURA - La scoperta dell’agricoltura coincise con l’inizio del periodo neolitico, cioè "nuova età della pietra", e in seguito al lunghissimo paleolitico ("antica età della pietra"), iniziato circa due milioni e mezzo di anni fa, quando le specie del genere Homo precedenti al sapiens iniziarono a usare rudimentali oggetti in pietra (un’età intermedia, il mesolitico, interessò solo alcune aree geografiche).

GRANO - Il grano è una delle piante piu antiche che coltiva l'uomo. dal grano si fa farina e poi il pane. Insieme al pane, si coltiva l'uva da vino. Nel vangelo Gesù prese il pane lo spezzo e lo diede ai discepoli, prese il calice pieno di vino e lo offre ai discepoli. Ma cosi si arriva alla coltivazione del grano e del vino ? facciamo un passo indietro. La scienza è la storia dell'uomo e delle sue scoperte. L' uomo primitivo vive nelle caverne e scopre il fuoco. Caccia animali e mangia la frutta. nasce l'agricoltura e inizia a piantare delle piante e ad allevare animali domestici. Si costruisce abiti con le pelli e inizia cosi l'artigianato e il commercio. Fonde le pietre e scopre i metalli e il vetro. Inizia a costruire armi come l'arco e pugnali. Costruisce l'aratro e un carro a due ruote. Pianta grano e dalla macina di pietra dura fa farina produce farina per fare il pane. la parola farina deriva dalla pianta di farro, altra pianta antica di cui gli cibavano antichi popoli.

PANE - Coltiva il vino e produce la birra. le prime piante tessili sono : il cotone e il lino. Costruisce le prime abitazioni come recinti e poi muri spessi e alti e strade ortogonali, sorgono le prime città e le piramidi. Naviga nei fiumi e costruisce barche che vanno sempre piu lontano. Il bacino del Mediterraneo vede sorgere città sulla costa e nell'entroterra sui monti. Le città sorgono lungo i fiumi e presso dei laghi. Nasce la scrittura, l' arte e la religione in medio oriente. Sorgono i templi e le divinità. poi la venuta di gesù Cristo a salvare il mondo dal peccato. Nell' ultima cena prese il pane e alzo il calice di vino da offrire ai suoi discepoli !
ROMA - La coltivazione della vigna e la produzione del vino a Roma proviene dopo che i romani conquistano l' Italia e la Grecia. I romani sconfiggono gli Etruschi che entrano a far parte del nascente impero romano. I Romani e gli Etruschi sono due civiltà distinte che hanno interagito e influenzato reciprocamente, soprattutto durante il periodo monarchico romano. Gli Etruschi, originari della Toscana, esercitarono una significativa influenza su Roma, sia in ambito politico che culturale, prima di essere gradualmente assimilati dalla cultura romana.
I Romani conquistarono la Grecia gradualmente, a partire dal II secolo a.C. La conquista non fu un evento singolo, ma un processo che si sviluppò attraverso diverse fasi e guerre. La Grecia, una volta conquistata, fu integrata nell'Impero Romano, prima come provincia della Macedonia e poi, con la divisione dell'Impero, come parte dell'Impero Romano d'Oriente (Impero Bizantino).
Gli antichi Romani conoscevano le tecniche per la coltivazione della vite e per la vinificazione, avendole apprese da Etruschi, Greci e Cartaginesi. Infatti già all’epoca degli Etruschi, intorno al V sec. a.C, la penisola Italica era nota come “Enotria“, ossia produttrice di vino. Solo un paio di secoli più tardi Marco Porzio Catone (234-149 a.c.) mise la vigna come la prima delle culture italiche.
In epoca romana le prime piantagioni di vino si trovano in Campania, alle pedici dei monti Petrino e Massico, da cui proveniva il Vinum Falernum. L’area era caratterizzata da terrazzamenti drenanti, che permettevano di conservare la giusta dose di umidità e calore. Columella, nel suo De re rustica, descrive vigneti con la distanza di circa 3 m (dieci pedes) tra un filare e l’altro, con vigneti maritati ad alberi o sostenuti da pali in legno. Nel tempo, l’alberata etrusca venne sostituita da filari con intrecciata di canne, fino ad arrivare ad impianti a cordone, simili al guyot.
Un ettaro di vigneto arrivava a produrre più di 150 quintali di uva, quindi con rese analoghe a quelle dell’epoca moderna, con rese che potevano arrivare anche a 200-300 ettolitri per ettaro. Questa produttività dei vigneti locali contribuì al crollo delle importazioni dei vini greci a favore del consumo della produzione locale. Columella nel suo De re rustica del I sec. d.C. descrive la tecnica della vinificazione in uso nell’Antica Roma. I grappoli venivano vendemmiati ben maturi, con coltelli a forma di falce, e portati in cantina in ceste.
Il mosto veniva fatto fermentare nei dolia, che venivano tappati ed interrati per 3/4 della loro altezza, che era attorno ai 2 m. Se il vino ottenuto era torbido veniva chiarificato con bianchi d’uovo montato a neve o latte fresco di capra. La fermentazione ovviamente non era controllata e pertanto il grado alcolico dei vini poteva variare di molto.
Quelli immaturi ed alterati servivano per produrre il vino degli schiavi. Gli antichi Romani ovviavano a questo inconveniente effettuando dei tagli, ossia mescolando i vini meno alcolici con quelli più forti, o aggiungendo miele o aromi al mosto. La maggior parte dei vini venivano anche addizionati con sale, acqua marina concentrata, resina e gesso, una vera e propria sofisticazione, mentre i vini migliori e più strutturati, non venivano trattati, ma arricchiti aggiungendo il defrutum, un mosto concentrato che alzava la gradazione di uno o due gradi alcolici.
Al vino finito venivano spesso aggiunti estratti di erbe, miele, legni odorosi, essenze vegetali, mirra, assenzio profumi e rose, creando un’incredibile varietà di vini aromatizzati, spesso anche sottoposti a cottura assieme ad ingredienti in infusione. I vini di pregio venivano travasati in anfore a doppia ansa chiamate seriae, da 180 a 300 litri, impermeabili e con una punta che si conficcava nel pavimento. Per il trasporto via mare si usavano anfore di ceramica con una capacità di una ventina di litri, chiuse ermeticamente con tappi di sughero sigillati con pece. Sulle anfore vi era un’etichetta stampigliata, che portava il luogo di provenienza del vino, il nome del produttore e quello del Console in carica. Verso la fine del I° sec. d.c., l’anfora inizio a scomparire, sostituita dalla “botte”, trasportabile anche da due soli uomini e caricabile sui carri. Il consumo del vino nell’Antica Roma.
Il vino all’epoca degli antichi Romani era presente in ogni banchetto, per lo più diluito con acqua calda o fredda, secondo i gusti e la stagione. Inoltre spesso i vini venivano aromatizzati o anche cotti, per evitare che inacidissero. Il “magister bibendi” doveva astenersi dalla bevanda e aveva il compito di stabilire quante parti di acqua, calda o fredda, vi si mescolavano. Gli “haustores” erano i sommeliers dell’epoca, che classificavano i vini in base alle loro qualità e al loro utilizzo.

Per gli antichi Romani il vino non aveva le implicazioni religiose della cultura greca (vedi il simposio) dove colui che beveva era posseduto dal vino e dalle divinità, era piuttosto più una bevanda che una droga e veniva servito in accompagnamento a carni ed altre pietanze. Oltre che nelle case i vini si bevevano al “thermopolium“, una locanda di piccole dimensioni con un bancone nel quale erano incassate grosse anfore di terracotta, atte a contenere le vivande. I brindisi propiziatori erano comuni all’epoca degli antichi Romani. Si brindava alla salute di un amico, di una persona importante o della donna amata. Si brindava anche per onorare un defunto, o una divinità, o semplicemente a un progetto: un accenno alla Dea Fortuna c’era sempre.
Il vino nell’antica Roma proviene dalla Grecia e Magna Grecia. Le uve mature attiravano le api che venivano usate per produrre miele. Altre uve arrivano da “Balisca” l'antica Durazzo in Albania scrive Columella. Plinio il Vecchio (23-79 d.c.) scrive nella “Naturalis Historia” che almeno due terzi della produzione di vino proveniva dall’Impero. Di vino parlano pure : Catone, Varrone, Virgilio, Columella. I vini più diffusi nell’antica Roma provenivano dal Lazio, dalla Campania e dalla Sicilia all’inizio del regno di Augusto. Sotto Augusto buona reputazione ebbero anche i vini di Sorrento. Nell’Antica Roma ricchissimo era il commercio del vino. Basti pensare al Testaccio, una collina alta 35m e con un perimetro di 850m alla base, poco distante dal Tevere, la cui origine deriva dallo scarico dei cocci delle anfore vinarie e olearie gettati via dai mercati del vicino Emporium.
L’espansione della viticoltura in Sicilia e nell’Italia meridionale ben presto fece crollare le importazioni di vino dall’Egeo e dalla Grecia secondo Plinio il Vecchio. La lavorazione dei vigneti e del vino era affidata in Italia di schiavi orientali, più esperti di vigneti e di vinificazione dei romani. Già nel III sec. a.c. l’Italia non si limitava più a produrre vino per i fabbisogni interni, ma anche per l’esportazione. Come i Greci avevano portato la viticoltura in Italia, così i Romani la trasmisero nel resto dell’Europa. Essi portarono la vite in Provenza, nel Nord della Francia, in Germania, sul Reno e sulla Mosella. L’impossibilità di smaltire il prodotto portò nel tempo all’abbandono di tanti vitigni italiani, e dell’agricoltura in generale in quanto, non vincendo più guerre, non si avevano più schiavi. Per giunta la Spagna stava cominciando a diventare un grosso produttore di vino, e per produrre vino si era tolta la produzione di grano procurando fame a tutto l’Impero. Nei primi due secoli dell’Era Cristiana, l’Italia diventò così il maggiore importatore di vino dell’Impero facendolo pervenire dalla Grecia, dalla Spagna e dalla Gallia.
VENDEMMIA - In Grecia, la vendemmia era celebrata con riti religiosi dedicati a Dioniso, il dio del vino e dell’ebbrezza. Durante le Anthesterie, una delle feste più importanti in onore di Dioniso, i Greci celebravano la nuova produzione di vino, che veniva gustato per la prima volta. La vendemmia aveva un significato sacro, e il vino prodotto veniva utilizzato non solo per il consumo quotidiano, ma anche per i sacrifici agli dèi. A Roma, la vendemmia era altrettanto importante. Le Vinalia, celebrazioni legate al vino, erano feste in cui si ringraziavano gli dèi per il raccolto. Il poeta Virgilio, nelle sue opere, descrive con precisione i riti della vendemmia e le tecniche di coltivazione della vite, mostrando come già all’epoca esistessero pratiche sofisticate per ottenere vini di qualità. I Romani perfezionarono la viticoltura, introducendo tecniche di potatura, innesto e conservazione del vino, molte delle quali sono ancora in uso oggi. Con la caduta dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, la viticoltura europea subì un declino. Tuttavia, durante il Medioevo, furono i monasteri a preservare e sviluppare l’arte della vendemmia e della vinificazione. I monaci benedettini e cistercensi, in particolare, giocarono un ruolo cruciale nella diffusione della viticoltura in Europa, selezionando varietà di uva, sperimentando nuove tecniche di coltivazione e conservazione, e documentando le loro conoscenze.